ELOGIO DELLA FOLLIA
di Bruno Francesco Sacone
Produrre o meglio creare una meraviglia ottenendola dalla natura con lo sforzo umano in certi casi può essere assimilato ad una della follie che la vita ci riserva.
Follia nel godimento di quanto creato, follia nella passione necessaria per trovare il miglior "accordo tra uomo e natura" follia per la fatica fisica ed economica necessaria.
Quantità e qualità sono da sempre amiche e nemiche tra loro vuoi per le caratteristiche intrinseche di madre natura vuoi per l'intervento nostro che deve ereditare il giusto equilibrio tra tecnologia e artigianato vero, tra elementi scientifici e passione.
L'olio extra vergine può diventare il frutto di questa follia, il risultato di questo equilibrio tra la sempre cangiante natura e la rincorsa dell'uomo verso la perfezione.
Se l'oro verde è un nettare dono del Signore ai suoi figli, l'olio extra vergine che la famiglia Sacone ottiene con immane ma gioiosa fatica è un dono riservato ai più belli tra i suoi figli; dono sempre ricevuto in limitatissima quantità quasi chiedendolo alle proprie piante.
La mappa del Tesoro porta all'uliveto attraverso la fatica di lavorarlo con amore.
In località Perti, su un costone di circa due ettari prevalentemente sassoso, calcareo e permeabile, di terre rosse e terre bianche, la famiglia Sacone per tradizione cura la propria piantagione di antichi ulivi. Le piante sono circa trecento sessanta in fortissima prevalenza a cultivar Taggiasca con un'età media pressoché secolare ma con alcuni giovani alberi in crescita, curati come fanciulli. La famiglia dedica amore e impegno alle piante d'ulivo e lo si vede dalla potatura, dalla concimazione del terreno che é organica e con solfato di rame per via fogliare, dalla raccolta delle olive che avviene a mano per brucatura, da metà ottobre a metà novembre, rigorosamente albero per albero senza lasciare mai le reti sul terreno e utlizzandole una pianta alla volta.
Le olive appena raccolte sono subito trasportate in piccoli recipienti al frantoio, installato in un'ala dell'antichissima casa e frante entro pochissime ore (normalmente tra le 6 e le 8).
L'antica "villa" è rinata grazie all'opera di Giuseppe Sacone, che tanta passione ha dedicato fino all'ultimo alla sua campagna. L'olio é ottenuto a freddo per sgocciolamento con metodi tecnologici e cura artigianale e passa presto all'imbottigliamento in confezioni da tre quarti di litro che sono destinate in parte all'uso della famiglia e in parte ad una ristretta cerchia di amici ed estimatori. Le bottiglie disegnate (come le originali scatole) da un conosciuto designer genovese (Paolo Varratta) riportano un'elegante etichetta serigrafata direttamente sul vetro.
Venendo alle caratteristiche organolettiche l'olio Cultivar Taggiasca che i Sacone raccolgono a Perti si presenta di colore prevalentemente giallo verde (la tonalità del verde dipende dalle annate che portano più o meno clorofilla e dal momento della raccolta che inizia alla prima invaiatura delle piccole olive, oltre ovviamente che dal cultivar). Il nettare (perché di un nettare divino si tratta) è fruttato con lievi sentori di pinolo e mandorla verde, di sapore dolce molto delicato, con una leggerissma nota di amaro e una sfumatura di piccante che si apprezzano nel retro gusto.
Veniamo a come abbinare il risultato di tanto amore alla cultura gastronomica che ci appartiene.
La leggerezza e la delicatezza fanno di questo olio l'ideale per accompagnare i pesci freschi della cucina ligure cotti sulla brace o semplicemente bolliti con acqua, sale e limone, come ad esempio bianchetti o rossetti. Esprime tutta la sua fragranza anche come nota decorativa in un buon piatto di minestrone alla ligure, meglio se caldo, in modo che il calore estragga dall'olio le sue eccellenti note olfattive, ma anche freddo per rinforzare in bocca il sapore delle verdure e amalgamarle al meglio con la pasta a farne una sostanza cremosa e delicata. Va da sé che un abbinamento molto felice é con le verdure crude delle nostre terre, liguri tipo pinzimonio o per insalate verdi o miste. Per apprezzarne tutta la pienezza del gusto si può assaggiare su una fetta di pane fatto in casa, ancora caldo o intiepidito sulla brace o sul grill o anche nel tostapane, e poi in tanti altri modi, come vi suggerisce la fantasia…"ça va sans dire" che il miglior fratello del nostro pesto non puo' che essere quest'olio chiamato ad "abbracciarlo" alla fine della preparazione giusto per donargli la virtù della lunga conservazione.
Il consiglio spontaneo è di servire l'olio di oliva extravergine dalle artistiche bottiglie (oscurate grazie al colore scelto per il vetro che eclissa all'olio la luce lasciandolo solo intravedere con la stessa sensazione che ci pervade a percorrere l'uliveto citato nelle notti di luna piena) evitando che la luce ne acceleri il degrado.
Il nettare con i giorni e i mesi evolverà come tutte le produzioni naturali cambiando e modificando le sue caratteristiche organolettiche che con l'inizio dell'annata successiva tenderanno ad affievolirsi e a spegnersi lasciando il posto a fenomeni di ossidazione da invecchiamento data la purezza biologica del prodotto (se per il vino il primo invecchiamento è un salutare miglioramento per l'olio la gioventù è un segreto del suo miglior utilizzo).
Per ottenere un tale periodo al fine di prolungare le pregiate caratteristiche olfattive occorre conservare l'olio in ambienti asciutti a media temperatura, sempre lontano dalla luce e dal calore e possibilmente in un unico recipiente ben chiuso. Non conservarlo in ambienti in cui possano esservi profumi od aromi di qualsiasi tipo, perché l'olio assorbe immediatamente ogni odore circostante, esattamente come fa una spugna con l'acqua o il vino (altro prodotto dei Sacone) mentre si realizza in cantina il miracolo della sua evoluzione.
L'assoluta qualità di questo prodotto e' frutto dell'impegno costante e attuale ma trae origini nel passato anche lontano. Se l'antica famiglia Sacone è presente nel Finale da molti secoli, le prime tracce ufficiali risalgono al censimento del 1386, la sua produzione vitivinicola e olearia deve alla fine del secolo scorso e l'inizio di quello attuale il raggiungimento del traguardo della qualità sulla quantità.
Da secoli la bonta' di questo prodotto e' conosciuta e la privazione forzata della giusta attribuzione della stessa al contadino che ne e' il realizzatore ha provocato malumori e perfino rivolte.
Nel lontano 1558 il Marchese Alfonso II del Carretto governava il suo prezioso marchesato da uomo superbo e sconsiderato; invece di godere della gemma che sono queste terre e i loro frutti dimostrò la sua arroganza decidendo di imporre ai contadini (come tassa) la consegna della sansa dopo la prima spremitura; ai frantoi di allora (che usavano la forza umana o animale ) si impose di usare aste non più lunghe di un metro per far ruotare la mola.
Il marchese imponeva infatti come tassazione la consegna della sansa stessa perché la faceva nuovamente pressare nei suoi propri frantoi. Con un solo metro a disposizione il contadino era costretto a consegnare una sansa ancora gravida ricavando ben poco e lasciando al signore una quantità molto alta. Peccato di superbia, sprezzo del lavoro, ruberia di un bene prezioso considerato come alimento fondamentale e quasi una medicina, il risultato fu un'aspra rivolta le cui ricadute furono una delle cause per cui di li a pochi anni costrinsero i del Carretto a cedere il marchesato a favore della potente Spagna. In tal modo fu punito anche il delitto di sottrarre l'oro verde a chi con amore lo produceva.
Ma se si volesse dove si può trovare il frutto di tale follia? Basta farsi guidare dal sito www.sacone.it o se preferite recarvi a Perti (previa telefonata rischiate di non trovarci magari siamo persi nella fasce!!), sarete accolti e se desiderate, davanti ad un caffe o ad una focaccia o ad un buon bicchere di uno dei nostri vini, sedersi e intavolare un incontro sulla cultura, la storia, l'arte e il loro rapporto con la terra... la bassa terra madre dell'oro verde.
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